Sacchetti del supermercato, imballaggi, pneumatici, protesi biomedicali di mais: chi l’avrebbe mai detto che il cereale più diffuso al mondo è presente in tutti questi prodotti?
A Expo Milano 2015, nel cluster dei cereali e soprattutto nel padiglione Slow Food, possiamo scoprire davvero di tutto sul mais e sull’importanza della sua biodiversità.
Sapevi che ovunque tu viva, mangi mais diverse volte al giorno? Il mais è una materia prima a volte invisibile che si trasforma facilmente in altro: diventa mangime che nutre gli animali nelle grandi stalle, di conseguenza carne, uova, latte e yogurt sono fatte anche di mais.
Troviamo il mais anche nella maggior parte dei cibi confezionati: biscotti, merendine, budini, gelati, creme da spalmare, patatine, salse, piatti pronti, caramelle, chewing gum, ecc.
La maggior parte delle bibite gasate sono dolcificate con uno sciroppo fatto con il mais: birre industriali, tè freddo confezionato e succhi di frutta contengono mais.
In un supermercato compriamo mais anche al di fuori del reparto alimentare, per esempio nel dentifricio o in un pannolino ecologico.
Fra gli ingredienti però la parola mais non c’è quasi mai.
Come mai non lo trovi in etichetta?
Perché i suoi derivati hanno nomi insospettabili: glucosio, sciroppo di glucosio, acido ascorbico, acido citrico, malto, maltodestrine, destrine, fruttosio cristallizzato, amido modificato, sorbitolo, lecitina, lievito in polvere, destrosio, lisina, acido lattico, maltosio, saccarosio, caramello, gomma xantana, zucchero invertito, monogliceridi, glutammato monosodico.
Chi lo mangia ?
A livello mondiale solo un terzo della produzione di mais è usato per l’alimentazione umana. In alcune aree però il mais continua a essere fondamentale come cibo per l’uomo: in Africa, nel Centro e nel Sud America e in Asia meridionale.
Informazioni nutrizionali
Il mais non contiene glutine (adatto per celiaci), è ricco di fibre e controlla i livelli di insulina.
Produzione mondiale
5 paesi forniscono il 70% dell’intera produzione mondiale: USA, Cina, Brasile, Argentina, Ucraina
Questi 5 paesi producono 799 milioni di tonnellate all’anno.
Con 354 milioni di tonnellate, gli Stati Uniti sono il primo Paese produttore al mondo, nonché uno dei maggiori esportatori (37 milioni di tonnellate).
Dove va a finire?
La maggior parte del mais è destinato a diventare mangime per gli animali. La seconda destinazione è l’etanolo, si tratta di un carburante piuttosto costoso. Quel che rimane è trasformato dall’industria alimentare, plastica e farmaceutica.
La percentuale di mais che non ha subito processi di separazione chimica (chicchi e farina) è meno del 1%.
I biopolimeri o bioplastiche (BP)
Il mais è prezioso anche perché si presta a essere lavorato attraverso tecnologie che lo trasformano in materia prima per usi non alimentari.
I BP sono polimeri caratterizzati da un’elevata biodegradabilità. Possono essere di origine sintetica o derivati da materiali vegetali e quindi rinnovabili, come l’amido e il destrosio.
Questi due elementi generalmente usati per la maggior quantità di BP provengono da mais alimentare. Le applicazioni di BP riguardano diversi settori: sacchetti, imballaggi, superassorbenti, pneumatici, protesi biomedicali.
Mais e obesità
Il numero totale delle persone in sovrappeso sul pianeta ha raggiunto 1,4 miliardi di cui 500 milioni obesi.
Ma cosa c’entra il mais con l’obesità?
Il nemico numero uno della salute umana è lo zucchero. Questo ingrediente può essere prodotto dalla canna da zucchero o dalla barbabietola, oppure può essere sostituto dallo sciroppo di fruttosio.
Nel 1980 lo sciroppo di fruttosio è entrato nella composizione della Coca Cola, diventando in poco più di 30 anni la prima fonte di zuccheri del mondo. Lo sciroppo di fruttosio si può ottenere da diversi prodotti, ma la sua versione più economica e più diffusa è ricavata dall’amido di mais.
Negli Stati Uniti il consumo annuo pro capite di sciroppo di fruttosio era di 43 kg nel 2013: il suo utilizzo eccessivo ha contribuito a incrementare il fenomeno dell’obesità.
Troppa carne
Come è stato anticipato, la maggior parte del mais prodotto è destinato a nutrire gli animali degli allevamenti industriali. La sua produzione intensiva ha avuto e sta avendo un impatto negativo sulle emissioni di gas serra, sull’abbattimento e sulla riduzione della biodiversità.
Negli anni, il mais è stato introdotto nella dieta di animali poco affini o estranei a questo tipo di alimento, come bovini o salmoni, diventandone molto spesso l’ingrediente principale.
Nel corso della seconda metà del 900, il consumo globale di carne è aumentato di 5 volte, passando da 45 milioni di tonnellate nel 1950 a 250 milioni di tonnellate attuali, e il mais ha sicuramente giocato un ruolo importante in questa enorme crescita dei consumi.
Biodiversità
Il mais è il primo prodotto agricolo del mondo e in natura esistono migliaia varietà di questo cereale, con forme, colori e sapori diversi. Queste varietà rappresentano un patrimonio genetico e culturale inestimabile, ma l’introduzione di mais ibridi e di mais geneticamente modificati (negli ultimi decenni) ha ridotto notevolmente questa diversità.
Perché tutto questo mais?
Il mais (o meglio, le poche varietà di mais ibride o geneticamente modificate brevettate dalle industrie delle sementi) ha vinto sugli altri prodotti agricoli perché cresce rapidamente, dà rese altissime ed è molto versatile.
E’ il prodotto ideale per incrementare velocemente la produttività agricola. Dal 2013 la produzione mondiale ha superato nettamente la domanda e l’effetto generale è stato un consistente calo dei prezzi.
Coltivazione di mais e ambiente
La pianta del mais consuma enormi quantità di energie (combustibili fossili) e risorse naturali (terra e acqua).
Se sommiamo: il gas presente nei fertilizzanti, il combustibile usato nella fabbricazione dei pesticidi, quello necessario per trattori, raccolto, trasposto troviamo che un quintale di mais prodotto con metodi industriali consuma l’equivalente di circa 470 litri di petrolio. Il mais ha anche bisogno di molta acqua (1220 litri d’acqua per 1 kg di mais) e fertilizzanti chimici. La coltivazione di mais quindi regge dal punto di vista economico soltanto finché i combustibili sono a buon mercato e fino a quando le politiche agricole dei governi occidentali continuano a sostenere questa monocoltura.
In conclusione, possiamo dire che il mais è una risorsa molto importante, ma che va usata con saggezza. Ha tanti vantaggi in termini di impiego e di produzione ma, secondo Slow Food e non solo, la missione dell’uomo è quella di riuscire a sfruttarne la biodiversità, evitando le monocolture intensive e le produzioni su vasta scala che hanno molti effetti collaterali sul nostro pianeta.
“Per Slow Food, i cibi che nutrono il pianeta sono completamente diversi: sono quelli con un’anima, una storia, un legame profondo con il territorio”.
Scritto da Francesca Vaccarello nell’ambito delle attività del Multimedia Center del progetto EAThink 2015